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Gli Ulivi in Sicilia

Storia, leggende e curiosità…

La coltivazione dell'ulivo in Sicilia ha radici antichissime, millenarie.Sono stati i Fenici ed i Micenei a portare questa pianta sull’isola, originaria delle regioni a nord-est del Mar Caspio. I Greci di Sicilia, poi, conferirono all’ulivo grande importanza tanto che sradicare anche un solo albero comportava come pena l’esilio.La sua storia ha avuto fasi alterne, con il declino dell’Impero Romano e la dominazione araba in Sicilia, la coltura dell’olivo fu trascurata a vantaggio di altre specie, quali gli agrumi.

È solo a partire dalla prima metà del Quattrocento e sino a tutto il Cinquecento che l’olivo inizia a imporsi, assieme alla vite, nel paesaggio siciliano. I Monaci Benedettini e Cistercensi portarono in tale settore delle importanti innovazioni riguardanti soprattutto la diffusione dei frantoi. L’importanza dell’olivo e dell’olio che se ne ottiene dalla spremitura dei suoi frutti, detti “drupe”, diventa enorme nella storia economica, culturale e religiosa di tutta l’area mediterranea.

L’ulivo nella Bibbia viene considerato simbolo di pace e fecondità, in particolare col racconto del diluvio universale “…e la colomba tornò da lui (Noè) sul far della sera, ed ecco aveva una fronda novella d’olivo nel becco”. Il crisma, l’olio che fa brillare il volto, appartiene alla cultura ebraica: con esso si ungevano i sacerdoti, i profeti e i re (ricordiamo il re Davide). Il popolo di Gerusalemme accolse Gesù Cristo agitando ramoscelli di ulivo.Ricordiamo che l’olio viene usato in parecchi riti religiosi, specie cristiani. 

L’albero dell’ulivo è citato nei testi di Omero, rappresentato nei graffiti e affreschi delle tombe in Egitto, nominato nei testi arabi. La pianta dell’olivo, il mitico “ulivo saraceno” ha ispirato alcuni tra i maggiori letterati siciliani, come Pirandello, autore della celeberrima commedia La Giara, Quasimodo, il quale in pochi versi rievoca suoni e tradizioni della spremitura “S’udiva la mola del frantoio/e il tonfo dell’uliva nella vasca”. 

Nel XVI secolo si comincia a fare una certa distinzione tra gli oli di oliva: i migliori per l’alimentazione, altri per lavare la lana e per lubrificare le macchine, altri ancora per l’illuminazione, da qui le denominazioniolii lampantieogghiu pi lu lumi, l’olio usato per alimentare le lampade. Altro uso significativo dell’olio è fatto in medicina. Nella medicina antica e fino all’immediato secondo dopo guerra, l’olio di oliva era impiegato come lassativo ed anti-ulcera, l’olio caldo sulla fronte, invece, se accompagnato da un segno di croce, si riteneva efficace contro il mal di testa e l’emicrania; nella medicina popolare siciliana venivano usate diverse varietà di olio; ricordiamo l’ogghiu di nivi,olio in cui si scioglieva la neve usato per medicare le ferite;l’ogghiu di cartarimedio contro le malattie infiammatorie cutanee;l’ogghiu di linusa, olio di linosa usato per le artromialgie.L’olio viene usato anche in cosmesi sin dall’antichità per realizzare balsami ed unguenti profumati per il corpo; ad esempio i Romani lo usavano per mantenere i denti bianchi.

A sottolineare la grande importanza che nella cultura siciliana, e soprattutto, nella civiltà contadina si attribuiva all’olio ricordiamo alcuni modi di dire dialettali che stanno ormai scomparendo: Di jornu unni vogghiu e di sira spardu l’ogghiuletteralmenteDi giorno non ne voglio sapere e la sera spreco l’olio della lampada,si riferisce al non fare le cose quando si deve; e ancoraacqua d’austu ogghiu, meli e mustu, la pioggia che cade nel mese di agosto fa incrementare la produzione di olio, miele e mosto e tante altre…

Nel settore olivicolo le tradizioni sono fortemente rispettate soprattutto nei sistemi di lavorazione che utilizzano gli stessi strumenti dalle millenarie origini, ovviamente migliorati grazie alle innovazioni tecniche ma sostanzialmente gli stessi.In Sicilia, anche gli stessi termini per denominare gli utensili legati alla produzione sono quelli usati nel passato. Abbiamo la "Giarra", il recipiente utilizzato per contenere l'olio, la "Burnia", il tipico vaso d'argilla cotta che conserva le olive ed il "Tumminu", l’unità di misura utilizzata per le olive. E infine “lu trappitu" il tradizionale frantoio a pressa.

L’ulivo è a ragione il simbolo dell'area mediterranea visto che si adatta perfettamente al clima temperato ed alle diverse proprietà morfologiche del suolo e, infatti, le caratteristiche naturali del territorio siciliano e il clima mite e soleggiato consentono agli ulivi di crescere rigogliosi su tutto il territorio, dall’entroterra fino alle coste. Tanto che in Sicilia possiamo contare la presenza di almeno sedici cultivar. 

Il paesaggio delle colline della Valle del Belice, in particolare, si caratterizza per la presenza predominante di tre cultivar la Nocellara del Belice, la Cerasuola e la Biancolilla che danno origine ad oli extra vergini dalle peculiari proprietà organolettiche.

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